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Osiride Brovedani – Statua in Campo San Giacomo

In campo San Giacomo, sul lato sinistro guardando la chiesa, c’è la statua di Osiride Brovedani. La si vede anche passando dalla via dell’Istria.
E’ lì, a grandezza d’uomo, sopra un non alto piedistallo che reca la scritta “Osiride Brovedani / 1893 – 1970 / filantropo e generoso benefattore”
Chissà, forse due parole in più non avrebbero guastato al fine di non far manzonianamente dire a chiunque la veda “ma chi era costui?”
Eppure chi non ha avuto per le mani e … non solo per le mani, ma anche da qualche altra parte ciò che lui, con brevetto tedesco, produceva in Italia ? Produceva la famosa Pasta Fissan, rimedio miracoloso per ogni tipo di arrossamento della pelle e sempre usata per i bambini.
Tutto ebbe inizio in un piccolo laboratorio sito all’angolo della via Donadoni con la via Piccardi (casa tutt’ora esistente con sul davanti una specie di portico). Nella zona e cioè in via dell’Eremo aveva avuto in affitto una stanza nell’appartamento di un professore.
Le necessità non gli fecero terminare il liceo scientifico e al Piccolo fu fattorino e poi corrispondente anche da Vienna. Inizi dunque modestissimi e difficili che fanno ancor più risaltare le sue capacità imprenditoriali che rimasero sempre frammiste ad una certa ingenuità e grande fiducia nel prossimo anche quando, verso la fine della sua vita, i tempi di una certa onestà erano finiti da tempo.
La vera fabbrica, dove per decenni vennero prodotti e riempiti milioni di tubetti, fu in via d’ Alviano, ma oggi quel tratto di strada è via Leon Battista Alberti.
Finita in giù la discesa della via San Marco girando al semaforo a destra, una cinquantina di metri più avanti verso la galleria, un ingresso con un viottolo in salita porta alla casa dove, nella parte bassa, aveva sede la fabbrica che solo molto più tardi fu spostata in zona industriale.
Oggi è la sede legale della Fondazione Brovedani.
Ebreo, fu deportato a Dora, Buchenwald e Bergen Belsen  passando, come tanti altri triestini, dalla Risiera.
Ma riuscì a tornare vivo da quella terribile esperienza per proseguire nella sua attività e riabbracciare la moglie Fernanda che sempre gli fu vicina, la figlia Sonia nata dalla relazione con un’altra donna – Elly Micheletti – e la sua fabbrica di tubetti di bianca e benefica pasta.
Amante della montagna e buon scalatore, spesso accompagnato su per i monti dalla figlia che a più riprese – negli anni ’50 e ’60 – lavorò anche nell’azienda paterna.
Residente a Bolzano (primavera 2016) la vediamo qui nelle foto in una sua visita a Trieste ad ottobre del 2011 per passare poi, come ogni anno, da Tarvisio a deporre un fiore sulla tomba del padre.
Alla fine degli anni ’60 Brovedani decise di vendere e ritirarsi a vita privata e concedersi tutto alle sue amate montagne.
L’interessamento di una società tedesca a comperare portò ad una serie di lunghe trattative dove fu sempre assistito dalla figlia Sonia che più del padre conosceva il tedesco. Trattative che però non portarono a nulla.
Vicende complesse portarono poi la fabbrica e buona parte del patrimonio nelle mani di un ex presidente della Triestina, Raffaele De Riù.(1)
In tal senso un cambio di ragione sociale a maggio del 1969 da “Ditta Fissan di O.Brovedani a Fissan-Brovedani & C. R. De Riù SAS.
Nel 1970 l’improvvisa morte del sig. Brovedani.

La moglie Fernanda, in ottemperanza alle volontà espresse più volte dal marito di creare una Fondazione che si occupasse dei bambini bisognosi (forse ben ricordandosi delle difficoltà della sua infanzia) affidò al sig. De Riù l’incarico.
Il De Riù – che attualmente abita a Montecarlo – è dal suo inizio il Presidente in carica della Fondazione Brovedani che ha la sua sede operativa a Gradisca.
Oggi però la Fondazione non ha più la finalità di assistenza all’infanzia, ma è divenuta una raffinata casa-albergo.
E’ del sig De Riù la lodevole iniziativa della statua commemorativa di Osiride Brovedani, statua opera di Daphé Du Barry, una quotata scultrice francese (2) ed inaugurata nel 2009 alla presenza di autorità del Comune ed assente, perché non invitata, la figlia Sonia che ebbe poi a lamentarsi sulle colonne del Piccolo di questa esclusione.
Ed infatti nella ampia pubblicistica a cura della Fondazione e dedicata all’uomo Brovedani, alla sua vita, ai suoi interessi, di questa figlia naturale e riconosciuta, non si fa giammai cenno.
Ahh quali strani pudori… come se un benefattore non potesse essere anche lui un uomo con la sua vita che, specie per persone di genio, è un mosaico fatto di tante tessere.
Osiride Brovedani è sepolto a Tarvisio dove assieme alla moglie Fernanda, anche lei appassionata di escursioni, aveva preso casa per essere vicino alle sue amate montagne.

 

Nota 1
Da Repubblica 25 aprile 1987
…”Casualmente, riguardando l’ elenco delle telefonate intercettate sull’ utenza di Raffaele De Riù, presidente della Triestina e coinvolto in una inchiesta per esportazione di capitali, il sostituto procuratore di Trieste, dott. Drigani, si accorse che ce n’ erano due piuttosto curiose, nelle quali si parlava di calcio e di tentativi di “combine”. Una risale al 27 novembre dell’ 85, quattro giorni prima di Empoli-Triestina. L’ interlocutore di De Riù è Giovanni Pinzani, all’ epoca presidente del club toscano…”
…”Pinzani a Trieste il 18 novembre scorso: “Riconosco la mia voce nelle telefonate – compare nel verbale stilato nell’ ufficio di Drigani – Io e De Riù valutiamo il comportamento delle rispettive squadre per un possibile accordo “

…”E’ una confessione che mette nei guai le due società ...“
Ahhh povera e gloriosa Triestina. Poi come sia finita tra corsi e ricorsi è ben difficile capire. Ma sempre povera e gloriosa Triestina.

Nota 2
Traduzione dal sito della scultrice
Daphné Du Barry è nata il 5 luglio 1950 in Via Utrechtseweg, sulle Rive del Reno ad Arnhem, capoluogo della regione della Gueldre in OLanda.
Dopo  gli studi secondari presso il liceo della sua cità natale, studia lingue all’Università di Monaco e poi presso l’Università Mac Guill a Montreal  in Canada.
Daphné parla sette lingue correntemente. Più tardi frequentarà tre anni di letteratura moderna alla Sorbona di Parigi.
Nel  1971  incontra a casa di Salvador Dalì a Cadaquès in Spagna, Jean-Claude Du Barry, critico d’arte che sposerà qualche anno più tardi.
Daphné Du Barry ha una  breve carriera nella canzone di  varietà ( registrerà cinque 45 giri con la Philips, tra i  quali un successo d’estate nel  1982 “Porto-Vecchio” testo di Didier Barbelivien) e studia disegno con il maestro ungherese Akos Szabo a Parigi per cinque anni.
Incontra in quel periodo a Firenze Marcello  Tommasi, uno dei più grandi Maestri della scultura figurativa classica in Italia ed entra nel  suo atelier come allieva. Nello stesso periodo entra all’Accademia delle Arti di Disegno  nella citttà dei Medici.
Migliore rappresentante femminile dello stile figurativo classico in Europa, ella ha la  perfetta conoscenza delle  proporzioni, dei contorni dei corpi e dell’espressione trascendente . Sorprende per la varietà  inesauribile  dei suoi  argomenti e dell’unità dello stile. Il  suo  culto per  la bellezza dei  corpi è dovuto ad una  ispirazione quasi ideale, ma è il fascino dell’intelligenza più di  quello dei sensi che ci rapisce…

La mia Trieste, 27 Maggio 2016