Se penso al Revoltella, lo vedo nel suo palazzo – oggi Museo – nella stanza dalla quale poteva vedere, attraverso un gioco di lenti, l’arrivo delle sue navi.
Rossetti lo vedo percorrere il suo nascente acquedotto andando verso il Giardino e salire sul piedistallo e lì mettersi in posa per la foto. E da lì guardare la sua Trieste respirando il profumo che a quei tempi il Giardino emanava.
Lì è da 116 anni. Gli alberi, allora piccoli, oggi lo incorniciano rispettosi della sua maestà e lo considerano il papà di tutti quegli illustri signori che oggi sono busti di marmo o di bronzo.
Anche per me quella grande statua, a pochi metri dall’ingresso principale del Giardino, ne fa idealmente parte.
Dopo la statua dei Caduti di Attilio Selva a San Giusto e, non contando la statua sopra il Faro della Vittoria, quella del Rossetti è la più imponente. Almeno così mi pare.
Immagino come si facesse ammirare questa statua da chi, sulla Corsia Stadion, saliva.
Un richiamo paterno, già da lontano, a lì andare, nel giardino, per godere di pace, verde e svago.
Oggi questo colpo d’occhio si è perso sopra il tetto dei bus, dei camioncini, delle auto nella trafficata via, ora Battisti.
E quando sei all’incrocio dove poi inizia la via Giulia, c’è altro di più importante cui badare per poter attraversare in sicurezza
E quando poi sei lì sotto alla statua chi alza la testa?
Lui è lì troppo alto, fuori portata. Un piedistallo consistente come a rimarcare, ora, la sua distanza da questa che fu la sua città.
Nell’anno 1900 tutto era pronto per l’inaugurazione del monumento ( che reca inciso MCM sul piedistallo), ma esso poi slittò all’anno successivo. Strano per un Paese ordinato come l’Austria.
L’opera è dello scultore genovese Augusto Rivalta e l’allievo Antonio Garella è artefice delle statue del basamento. Esse rappresentano l’Archeologia, la Poesia, la Giurisprudenza.
I 2 scultori vinsero nel 1895 il concorso per una statua che il Consiglio della Città decise di dedicare al Rossetti, uomo dai multiformi interessi in vari campi perseguiti tutti con grande impegno e correttezza.
Il Giardino oggi, più che luogo di profumi (?), di svago e tranquillità lo vedo come luogo della memoria. Un luogo dove si può percorrere, quasi per intero, la vita intensa di questi ultimi 2 secoli della città. Basta soffermarsi davanti ad ognuno dei busti iniziando dalla statua del Rossetti ed è possibile dipingere una tela da incorniciare nel nostro salotto con sotto l’iscrizione “Trieste 1800-1900”.
C’è una storia, quella che si legge sui grandi libri o monografie dedicate a Trieste e c’è un altro modo per tratteggiare questa storia. Un modo faticoso, disordinato, quasi casuale che parte dalle persone, da coloro cioè che con la loro attività, impegno, amore hanno dato, ognuno per il suo pezzettino, un volto alla città. In pratica ne hanno fatto la storia.
E se vogliamo che quella tela nel nostro salotto sia veramente completa serve anche un giro nel dimenticato Parco della Rimembranza e leggere sassi e lapidi.
La storia dentro nomi. Uno strano modo di raccontare cose grandi.
Domenico Rossetti un grande uomo che racconto in modo strano.
Non separo per capitoli omogenei le sue attività, ma le elenco – rimandando alla amplissima letteratura esistente sul Rossetti chi vuole approfondire.
Penso che il separare per ordinati capitoli la sua vita possa non far cogliere la ricchezza culturale di quest’uomo impegnato su tanti fronti che dentro non potevano essere se non un tutt’uno amalgamato dalla passione per Trieste.
– Società di Minerva. La fonda nel 1810 ed è tutt’ora in vita ed anche in buona salute nonostante alcuni momenti di crisi dovuti perlopiù alle guerre. L’idea di un salotto (politico)-letterario dove coltivare la cultura espressa dalla città, fu ed è una idea che ha dato grandi risultati sul piano culturale. (1).
– Avvocato, laureatosi a Vienna nell’anno 1800 e con un suo studio professionale aperto pochi anni dopo ed operativo salvo negli anni dell’occupazione napoleonica a Trieste
– Grande studioso del Petrarca ed anche degli scritti di Enea Silvio Piccolomini (poi divenuto Pio II) .
Oggi nella parte di Biblioteca Civica sita in via Madonna del Mare c’è il Museo Petrarcherchesco e il Museo Piccolominiano con una preziosa collezione di antichi libri, manoscritti, incunaboli di cui il nucleo primario di 2000 fu lascito del Rossetti al Comune. Leggevo da qualche parte essere questa collezione seconda solo ad una esistente a New York.
I motivi di questo amore verso Petrarca e Silvio Piccolomini qui nella nota (2)
– Civico Procuratore della città, incarico mantenuto per 25 anni. In questa funzione è fermo difensore delle antiche libertà municipali nei confronti del governo centrale di Vienna. Posizione, come è intuibile, delicatissima ma portata avanti con grande saggezza politica. Uomo di cui Vienna si fidava (viene nominato per molti anni Presidente del Consiglio della Città) e uomo che mai ha tradito Trieste.
Antiche libertà municipali amate e da lui studiate in un contesto storico più che ampio come si intuisce dalla lettura della nota 2
– Studioso del Winkelmann (3) e grande estimatore delle sue idee sull’arte. Se oggi presso l’Orto Lapidario v’è quel bellissimo gruppo scultoreo in marmo opera del Bosa (allievo del Canova) dedicato a Winkelmann lo si deve al Rossetti
– Studioso della idrografia del Carso ed in particolare delle sorgive del Timavo. Strenuo sostenitore presso il governo di Vienna di potenziare il rifornimento idrico di Trieste formulando concrete proposte
– Grande appassionato di archeologia. A Rossetti si deve la creazione di un Museo sul colle di San Giusto che poi ingrandendosi ha dato luogo all’Orto Lapidario ( via della Cattedrale) e il Lapidario Triestino nei sotterranei del Castello.
– Propugnatore e finanziatore del passeggio dell’Acquedotto così come di altre opere pubbliche
– Uomo impegnato nella politica. La sua idea era di una Trieste italiana dentro l’Impero Asburgico verso il quale richiedere sempre (più) autonomia ed avere il rispetto degli Statuti della città nonché quello verso la sua cultura e tradizione. Posizione difficile che lo espose, come era inevitabile, a critiche da una come dall’altra parte. O, meglio, dagli intransigenti, ma ugualmente perseguita nella consapevolezza che solo dentro il contesto dell’Impero Asburgico Trieste poteva prosperare.
– Mecenate e benefattore in vita e post mortem ed alla sua morte, quando il suo grande patrimonio di libri, oggetti d’arte ecc fu per sua volontà donato alla città. Un ultimo gesto di affetto per la sua città.
Domenico Rossetti non ebbe figli né fu mai sposato. Uomo religioso, ma anche nella religione come in politica seppe avere idee autonome senza chinare la testa ad alcuna autorità. Valga ad esempio la sua posizione nel campo religioso sul concetto della reincarnazione tanto da sembrare più un buddista che un cattolico di santa romana chiesa (3)
Nota 1
dal sito “museostoriaeartetrieste” trascrivo:
“… la Società di Minerva venne fondata a Trieste nel 1810 con l’intento di soddisfare l’élite culturale cittadina dando vita a un Gabinetto di lettura dov’era possibile trovare gazzette italiane ed europee e libri aggiornati.
Interessi culturali letterari e scientifici venivano approfonditi e discussi nelle sue adunanze, con l’intento dichiarato di ricostruire una memoria storica a supporto di una cultura adeguata al ruolo della nascente classe borghese e commerciale di Trieste.
Nello statuto era prevista l’istituzione di una biblioteca e di un museo e infatti la Società riunì collezioni artistiche, naturalistiche e scientifiche varie ed eterogenee che confluirono poi in quelle dei Civici Musei di Storia ed Arte e del Civico Museo di Storia Naturale.
Nel 1829 venne fondato il periodico l’«Archeografo Triestino” … uno dei più antichi giornali storici italiani ancora pubblicato annualmente. Si distingue per il rigore scientifico con cui sono trattati i temi archeologici, storici e letterari.”
L’Archeografo Triestino è un ponderoso volume annuale (negli ultimi anni intorno alle 500 pagine) con una quindicina di articoli. Ne sono usciti 124 numeri con le inevitabili pause dovute alle guerre.
Mi permetto di correggere quanto sopra trascritto dal sito citato precisando che l’Archeografo Triestino non è “una delle più vecchie” ma in assoluto la più vecchia rivista italiana pubblicata.
Fra le tantissime persone che quali “minervali” hanno scritto troviamo nomi come Domenico Rossetti, Pietro Kandler, Carlo Hortis, Richard Burton (non l’attore), Silvio Benco, Carlo Marchesetti, Giuseppe Caprin, Piero Sticotti, Arduino Berlam, Giuseppe Ara, Marino Szombathely, Gianni Pinguentini, Sabatini Rossi, Virgilio Giotti, Manlio Ceccovini, Anita Pittoni, Claudio Magris.
Altri meno noti, ma non meno insigni nel loro campo.
Nota 2
Dal sito del Comune di Trieste trascrivo:
“Erede per educazione e formazione della cultura arcadica classicheggiante, Rossetti ammirava nel poeta del Canzoniere il cantore delle “civiche virtù”, il difensore dell’idea di patria comune di fronte delle ambizioni straniere e il maestro degli studia humanitatis.
Il nobile realizzò una seconda collezione dedicata ad Enea Silvio Piccolomini, vescovo di Trieste dal 1447 al 1450 e papa col nome di Pio II dal 1458, al quale andava la sua ammirazione per l’opera di scrittore e storico, oltre che per l’attività diplomatica svolta nel 1463 in difesa della città adriatica, minacciata d’assedio da Venezia”.
Nota 3
“L’etere vitale che non cessa per il cessare dell’organismo da lui animato, debbe progredire ad animare un nuovo organismo, debbe così progredendo perfezionarsi e, onde così perfezionarsi, variare organismo; debbe così variando incontrare più simpatica materia organizzabile; debbe per ritrovarla pellegrinare per le massime conglomerazioni della materia; e debbe per ultima conseguenza far passaggio dall’uno all’altro sistema, finchè dopo aver migrato per tutti i globi di ciascuno degli innumerevoli sistemi dell’universo e dopo essere, durante questo passaggio, giunto a quel massimo grado di perfezione di cui egli per sua natura può essere suscettivo: finchè, dico, possa ritornare al primitivo centro dell’universo, onde per quel primo atto della divina volontà sortì.
Ecco l’idea di una eternità ch’esser può a qualche modo coerentemente concepita della umana ragione senza esser quella di un eterno ozio dello spirito da ogni materiale organismo disgiunto”- Domenico Rossetti