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La Lanterna

Chissà perché “lanterna” e non faro. Così la gente ha sempre chiamato quella costruzione che, se fosse stata un faro, avrebbe avuto bisogno di un nome (Faro della Vittoria) oppure di un nome che indichi il posto dove è situato (Faro di Punta Salvore).
Lanterna è invece qualcosa di molto più intimo. Intimo dentro l’animo della tanta gente che su questo mare passava la sua vita su piroscafi per le Indie, per le Americhe, per la Dalmazia, per l’Istria e su barche per gettare le reti nel golfo.
La lanterna, quella di Diogene.
La lanterna per attraversare il bosco di notte.
La lanterna fuori dalla porta di casa per indicare la casa dove qualcuno ci aspetta.
Oggetto per tutti e per tutti utile. Non anche o solo monumento per farsi dire “che bello quel faro” come può succedere – appunto – qui per quello della Vittoria o lontano per il Green Point o l’Yeda o quello di Cape Bayron.
Niente di tutto questo. Solo una luce per non finire morti sugli scogli di casa dopo un viaggio di mesi nelle Americhe attraversando gli oceani (1).

La vicenda della costruzione della Lanterna brilla, ma all’incontrario e questo è ben strano per un oggetto che deve brillare.
Il Governo austriaco solitamente zelante nell’approvare progetti di ammodernamento della città per renderla sempre più competitiva nei traffici, a proposito della costruzione in quel posto di un molo prima e poi di un faro che indicasse ai naviganti la retta via e non smarrirla tra gli scogli, si mostrò molto pigro nei lavori.

Nei lavori di costruzione di questo molo risultò che sul più grosso di questi scogli – scoglio detto dello Zucco – già i romani, con il loro innegabile senso pratico, lì avevano messo un posto di segnalazione luminosa … sì un faro ante litteram che indicava la presenza di un tratto di mare pericoloso ai navigli che entravano ed uscivano dal porto.

La richiesta al Governo di Vienna era di poter unire la terra ferma allo scoglio con una diga e sulla punta costruirvi un faro.
Ma si dovette attendere la “solita” Maria Teresa per avere approvato come prima cosa il progetto del molo che prese appunto il nome di Molo Teresiano (divenuto poi Molo Fratelli Bandiera). (2)
Lunga attesa per il progetto e ancora più lunga attesa per il termine dei lavori stante questioni procedurali e non perchè ivi il mare avesse presentato sorprese. Sul molo venne costruito – e forse questa era la ragione principale dell’approvazione del progetto – un fortino militare in sostituzione di una semplice batteria di cannoni che era installata sullo scoglio dello Zucco dopo che la piccola chiesetta ivi costruita dedicata a San Nicolò Vescovo (un ex voto) era caduta in rovina.

Ci vollero ben 25 anni per il compimento dell’opera e l’attento cronista del tempo, Ettore Generini nel suo prezioso “Trieste antica e moderna” (edito nel 1884) così stigmatizza questa insolita – per quei tempi ! – lentezza. “Incominciata la costruzione nel 1744 fu compiuta appena nel 1769”.
Annota anche che trattasi di un‘opera a valenza militare, ma anche atta “a difendere la rada dalla veemenza dei venti meridionali”.
Ma del faro nessuna traccia nonostante le reiterate richieste specie da parte del Governatore Conte Carlo Zindenzorf (quello che fece costruire la strada di Opicina che portava all’Austria). Il sì alla costruzione di un faro arrivò appena intorno al 1820 e dunque dopo quasi 80 anni dal varo del progetto- molo. Ed altri 13 anni ci vollero per la sua costruzione ed anche qui non per difficoltà tecniche bensì passati tra rinvii, contrasti tra i vari organi competenti, molte modifiche al progetto originario dell’arch.  Pertsch (3) che qui si distinse anche per una infinita pazienza verso la burocrazia.
Nel 1833 luce fu nella notte tra il 12 e il 13 febbraio essendo ultimato il progetto della Lanterna con gran sollievo dei naviganti che di padre in figlio avevano atteso.
Una luce ad intervalli di 30 secondi dapprima ad olio (42 lucignoli)  poi a vapori di petrolio ed infine ad elettricità con lampada da 500 W con proiettore girevole con una portata iniziale di 15/20 km e per passare poi a poco meno di 30 km con i vapori di petrolio e a circa 45 con l’uso della elettricità. (4)
Il gruppo ottico di quest’ultimo impianto è ancora conservato nell’adiacente edificio adibito a sala conferenze della Lega Navale sempre sul Molo Fratelli Bandiera un poco più avanti della Lanterna. (5)

Come si può leggere ovunque, l’altezza della Lanterna è di 33 metri.
La sua forma indica chiaramente la duplice funzione con cui fu concepita: faro ed anche posto militare di protezione del porto con la serie di aperture quadrate su due livelli dotate di cannoni nell’edificio su cui poggia la torre del faro. Ed anche polveriera.
Ma non mi risulta che da quelle finestre quadrate sia partito mai un sol colpo di cannone né alcuno vi abbia sparato contro.
Lanterna di pace.
La Lanterna si spegne definitivamente nel 1969 ed ora è solo una fioca luce data da una semplice lampadina come si può vedere dalle foto.
Il Faro della Vittoria le ha concesso di vivere ancora fino al 1969 grazie a quella solidarietà che si crea tra questi giganti buoni, ma alla fine la Lanterna ha dovuto cedere le armi.

Dal 1992 la Lega navale ha posto lì la sua sede restituendo un briciolo di vita a questo posto.
Mi chiedo quanto bella sarebbe la Lanterna senza tutte quelle costruzioni attorno a cominciare dalla caserma della finanza.
Potrebbe dare luce altra alle nostre rive già splendide, ma mai abbastanza.

Nota 1
Una Lanterna di prima classe
In “Noi delle Vecchie Provincie” di Carpinteri, Faraguna – Maldobria n XXIV sior Bortolo conta a siora Nina:

“….Ben, una note, volè creder, el Cinque Fratelli che iera un Cinque Fratelli, barca granda e stagna che andava fin in centro America, se ga trovado a pericolar proprio qua fora, sula porta de casa, co’ se disi el destin. Prima no pareva gnente, solito tempo de siroco, inveze dopo, nuvolo, nuvolo, nuvolo e caligo. E ga fato un sirocal che ghe ga sbregado el fioco come una cartafina. Ben, se quela volta no iera la lanterna de Porta Sant’ Andrea che fazeva splendori, mai el Comandante Nicolich – el ga dito proprio lu – mai el gavessi intivado l’imboco per vignir in porto e el gaveria fato la fin del povero padre de Tonissa Timinovich. Co’ se disi el destin: vignir fina del centro America e po’ perderse qua subito fora, davanti ..”

La gustosa (come tutte) maldobria racconta come il Comandante della nave si sia sdebitato con il fanalista della Lanterna Barba Mate con una cassa di dodici bottiglie di rhum della Giamaica destinate subito dal Barba Mate alla festa per il pensionamento del prossimo anno. Ma ecco che la lanterna viene declassata dalla regia marina perché nel frattempo è entrato in funzione il più moderno faro a Tibidabo in Istria. Per la Lanterna la fornitura di 12 taniche di petrolio si riduce ad una sola al mese. Arriva ancora il Cinque Stelle e la bufera lo coglie di notte all’imbocco del porto.
Barba Mate anche se senza petrolio fa una grande luce e questo salva la nave e il Comandante.
Peccato però che le 12 bottiglie di rhum per la festa di pensionamento non ci siano più e siano andate in fumi e bagliori quantomai utili.

Nota 2
“Costruzione a Trieste del gran braccio della lanterna, che ha nome Molo Teresiano, sopra altro molo, le cui rovine erano visibili in tempi di bassa marea”
Così annota lo Scussa nella sua “Storia Cronografica di Trieste” relativa all’anno 1751.
Il volume dello Scussa laddove parla di manufatti risulta molto spesso non chiaro perchè è difficile capire se la data si riferisca all’inizio di una costruzione o al suo completamento.

Nota 3
L’arch. Matteo Pertsch nasce in Austria nella seconda metà del ‘700. Studia a Milano ed è allievo del padre del neoclassicismo italiano, Giuseppe Piermarini, l’architetto della Scala.
A Matteo Pertsch Trieste deve non solo la Lanterna, ma anche il palazzo Carciotti, la Rotonda Pancera di via San Michele, molte parti del cimitero di Sant’Anna, la facciata della chiesa greco-ortodossa sulle rive.

Nota 4
Dati riportati da “Trieste imperiale”, testi Giorgio Tomé, Ed Luglio

Nota 5
Ottica rotante costruita verso il 1880. Rotazione su vasca di mercurio. Orologeria a peso motore costruita verso il 1840”.
Così si legge ai piedi del cimelio custodito dalla Lega Navale

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Alla Lanterna si ispira una novella di Paolo Rumiz di alcuni anni fa pubblicata su Repubblica dove racconta di Onca, donna succeduta nella gestione della Lanterna, dopo la morte del marito.

La mia Trieste, 4 Marzo 2016