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Scuola di Polizia – San Giovanni

Ancora storia. Ancora antica sofferenza passata anche da queste parti dall’aspetto così banale.
Cosa ci può essere infatti di interessante dentro una scuola di polizia che occupa gli spazi di una ex caserma dell’esercito?
Direi poco o nulla.
Nel girovagare per San Giovanni e dopo aver fatto qualche foto alla facciata esterna della Caserma Duca d’Aosta, ora Scuola di Polizia, in via Damiano Chiesa, essendomi venuta voglia di sapere qualcosa di questa Scuola – quanti allievi ha, da che anno funziona, quanto durano i corsi, quante scuole analoghe ci sono in Italia – sono entrato e ho chiesto chi mi poteva dare delle informazioni su questa realtà.
Nel giro di pochi minuti ero seduto nell’ufficio della signora Federica Verin, dipendente dell’Istituto di Polizia ed ho cominciato a capire che la cosa meno interessante che potessi chiedere era quanti allievi avesse la Scuola.
Lì c’era ben altro da scoprire.

La seconda guerra è passata (anche) da questo posto lasciando una striscia di sangue oggi dimenticata se non fosse per gli studi portati avanti dalla signora Verin cui devo – ringraziandoLa – tutte le notizie di questo articolo e non reperibili in alcun altro studio e nemmeno nel sempre documentato lavoro dello Zubini dedicato ai rioni di Trieste.
Partendo dalla fine e cioè dall’ottobre 2012, l’area di oltre 40.000 mq. è stata decretata “bene culturale particolarmente importante”,  il massimo vincolo presente sul Codice dei Beni Culturali. E ciò grazie alle approfondite ricerche storiche condotte da Federica Verin.
Il risvolto pratico di questo vincolo è che rende molto difficile o addirittura impossibile ogni speculazione edilizia su quest’area che ha il suo valore storico, anche se finora rimasto ignorato. E se l’area non è appetibile per operazioni immobiliari, di conseguenza anche la vita della Scuola che lì ha le sue radici e sede, appare, a mio avviso, più solida pur in tempi di dismissioni.

La storia, quella della Duca d’Aosta, rara e cruenta,  che nella sua totalità la rende – così si legge nella motivazione al titolo di bene culturale particolarmente importante – “esemplare testimone di un lungo periodo della storia particolare della nostra città e specialmente di momenti tragicamente drammatici e del dolore di tanti uomini e donne che vi sono transitati o vi hanno perso la vita in modo atroce”.

Ma con mia poca linearità nel discorso – e me ne scuso – voglio fare un passo indietro.
Il percorso storico sviluppato da Federica Verin parte già dalla fine del XVII secolo,  quando il sito risultava di proprietà della famiglia patrizia dei de Bonomo.
All’inizio del Novecento trovarono sviluppo diverse attività industriali come il pastificio Fratelli Girardelli Società Anonima in Trieste, la Fonderia Osvaldella e il colorificio Astra Società per Industria e Commercio a.g.l. con annessa fabbrica del ghiaccio.
Verso la fine del 1928 lo Stato acquista l’intera area e dopo un intervento edilizio importante inaugura la caserma intitolandola a Emanuele Filiberto Duca d’Aosta quale sede del glorioso 34° Reggimento Artiglieria da Campagna,  di cui rimane ancora oggi il prezioso monumento commemorativo che è bene visibile nelle foto e che si trova ai bordi del piazzale della caserma.
Nel 1931 il comando viene assunto dal Principe Amedeo di Savoia Duca delle Puglie, figlio di Emanuele Filiberto di Savoia.
A maggio del 1939 il Reggimento assume la denominazione di 23° Reggimento Artiglieria Sassari e torna ad essere dal 1940 ancora 34° Reggimento Artiglieria Sassari.

L’8 settembre vede il dissolvimento di tutti gli assetti dello stato italiano compreso il suo esercito.
Il 34°” Sassari”, posto a difesa di Roma, viene sciolto e la caserma immediatamente occupata dalle SS tedesche che la trasformano in un centro di arruolamento al Lavoro coatto della Todt (1)
Con la resa delle truppe tedesche, il 1° maggio del 1945, l’Armata Jugoslava occupa Trieste e il sito viene subito utilizzato dall’OZNA, la polizia segreta jugoslava, come luogo di prima detenzione, di interrogatorio e di tortura.
Molti civili e militari arrestati vengono portati alla Duca d’Aosta. Tanti non fanno più ritorno alle loro case per essere stati avviati ai campi di concentramento prontamente realizzati in territorio sloveno o per essere destinati, attraverso sommarie esecuzioni, alle foibe.
Nel giro di poco tempo nazisti e armata titina. E dentro sempre triestini vittime ora di uno e ora dell’altro.

Con l’arrivo delle truppe anglo americane la Duca d’Aosta Barracks viene occupata dal 351° Infantry Regiment con i Blu Devils,  gli eroici diavoli blu americani e dal Genio Inglese con il 55° e il 66° Royal Engineers.
Quando il 25 ottobre del 1954 le truppe anglo-americane lasciano Trieste, riconsegnandola definitivamente all’Italia, gli edifici della Duca d’Aosta vengono destinati al Corpo Guardie di Pubblica Sicurezza.
L’intera struttura dal 10 aprile del 1962, con decreto dell’allora Ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani, si trasforma in Scuola Allievi Guardie di Pubblica Sicurezza, prezioso centro formativo nazionale tutt’ora utilizzata per la formazione degli Allievi Agenti della Polizia di Stato.
Mezzo secolo di impegno e dedizione alla formazione di oltre 25.000 Guardie di Pubblica Sicurezza, così denominate prima della Legge di Riforma del 1981, e Agenti della Polizia di Stato da allora in poi.

Ecco almeno una cifra – il numero di agenti formati alla scuola – l’ho dato.
Ma prima di loro e del loro prezioso lavoro, ben altro.

 

Nota 1

Fritz Todt quale Ministro degli armamenti ed approvvigionamenti dell’esercito nazista concepì una organizzazione – chiamata appunto Todt – di lavoro coatto impiegando prigionieri di guerra al fine di realizzare strade e ponti di interesse militare, ma anche opere squisitamente militari.
Un esempio di lavoro eseguito fu la famosa linea gotica, ma tantissimo questa impresa fece in Germania e nei paesi occupati impiegando una manovalanza a costo zero che arrivò fino al milione e mezzo di uomini. A Trieste la Todt aveva sede nel palazzo del Museo del Risorgimento che fu del tutto svuotato per fare posto a questa organizzazione tra i cui lavori troviamo anche parte della rete di gallerie nella zona del Tribunale e Scorcola nota come Kleine Berlin

La mia Trieste, 20 Luglio 2016