Più che Villa Engelmann direi Giardino Engelmann. La differenza non è puramente lessicale, ma di sostanza.
Un giardino se aperto al pubblico e se tenuto bene, è fruibile, mentre una villa, se in pessime condizioni come questa, è solo un problema da risolvere per il Comune e nessuna ricaduta positiva ha sui cittadini.
Certo, a proposito di questo giardino e sulle sue condizioni, sul Piccolo, si leggono ogni tanto segnalazioni di scarsa manutenzione. Anche un episodio di un tizio con panino con dentro droga al posto del salame.
Ma sostanzialmente è un giardino tranquillo, tenuto bene, molto utilizzato da bambini nella zona dei giochi, da tranquille persone che leggono con la bella stagione un libro su qualche panchina. O guardano il cielo tra i rami degli alberi. O portano a spasso il loro cane.
Ogni mio passaggio in questo posto mi ha confermato questa serena realtà. E per vari motivi qui i miei passaggi, in questi ultimi anni, sono stati frequenti.
La mia precisazione su giardino anzichè villa poggia anche sulla semplice considerazione che la villa Engelmann non esiste più perché … distrutta da una bomba nel ‘45 allorquando anche l’adiacente chiesa di via Rossetti (Chiesa Beata Vergine delle Grazie) andò completamente distrutta.
Ma la tradizione che si perpetua nei vari scritti disponibili su carta e web, senza troppo riflettere su elementari dati di fatto, parla ancora della Villa Engelmann come villa esistente.
Il peggio è che in tal senso ne parlano anche gli amministratori locali di qualsivoglia colore politico, quando si discute di alienazioni a privati di storiche costruzioni cittadine.
Vi è in realtà un edificio posto più o meno al centro del giardino Engelmann. Ma è giustamente completamente sbarrato stante le sue pessime condizioni. Era un edificio di pertinenza della vera villa, composto da 2 corpi con tetto a spigolo come spesso si trova negli edifici di lavoro o magazzini. Difficile ora da vedere nella sua interezza perché avvolto da fitti rampicanti fino al tetto sia sul davanti che nei lati e completamente nella parte a nord.
Io che amo le cose vecchie e le tradizioni e la storia non mi sentirei di dire che esso sia un “gioiello” o una “perla”così come viene definito spesso dal Piccolo (1) quando si parla di storiche ville di proprietà del Comune che giacciono da tempo “tra color che son sospesi” (2). E problematiche – sempre citando Dante – per la “contradizion che nol consente” (3)
Belle, storiche, interessanti. Ma non vendibili perché non hanno mercato. Non hanno mercato perché in cattive condizioni di salute e molto grandi.
Storiche e quindi appetibili ma proprio perché storiche poste, spesso, sotto vincolo delle Belle Arti.
Interessanti perché inserite nel verde di un parco o giardino ma che resterebbe però di proprietà del Comune perché area pubblica.
Dunque un percorso a ostacoli.
Ora quindi puri costi per il Comune che, in tutte le varie composizioni politiche di questi anni, ha cercato di arrivare a delle conclusioni spesso coinvolgendo anche la Regione. Ma finora è rimasto problema irrisolto.
Mi riferisco alla grande e architettonicamente interessante Villa Cosulich sita in Strada del Friuli, prima del Faro, anch’essa ora con un parco giochi.
Mi riferisco a villa Stavropulos sita in un posto splendido a Grignano subito dopo lo stabilimento Riviera 2 e il cui parco parte dalla costiera per arrivare al mare. (4)
Mi riferisco alla grande e centrale villa Haggiconsta in via Romolo Gessi.
Non mi riferirei all’edificio dentro il giardino Engelmann. Non è la villa Engelmann, non ha pregi architettonici, è ridotto a poco più di un rudere diroccato.
La vera villa Engelmann sorse nel 1843 commissionata da tale Francesco Ponti. Nessuno di tutti quelli che lo citano con puntigliosa precisione specifica chi fosse questa persona. Da qualche mia ricerca sembra essere stato un imprenditore collezionista milanese.
La villa e relativo parco furono acquistati dalla famiglia Engelmann nella seconda metà dell’800 e poi con uno dei gesti così frequenti illo tempore da parte di persone facoltose e spesso grate a Trieste per le fortune conseguite, regalato alla città.
Regalo in questo caso fatto da Werner Engelmann nipote di quella Frida Engelmann che l’aveva acquistata nel 1888.
Qualche dato pratico sull’oggi (2017):
– 15 giochi per bambini,
– 25 panchine e 35 sedili singoli tutti fruibili per le loro ottime condizioni
– un tavolo in pietra con panche attorno su 2 lati
– 1 fontanella,
– entrate da via dei Porta e da via di Chiadino il cui cancello in ferro è adornato da 2 lanterne. Chiusi e non utilizzati un carraio e una porta in alto sempre sulla via di Chiadino (per intenderci la via di Chiadino è quella tra il giardino e la chiesa di via Rossetti)
– edificio diroccato chiamato villa Engelmann,
– edificio all’ingresso di via di Chiadino ad uso del Comune per le manutenzioni
– servizi igienici,
– un gazebo posto nell’angolo alto di sx. Purtroppo sbarrato e con i muri imbrattati da quei dementi chiamati volgarmente writers
– più di 200 alti alberi (ossia con almeno 10 metri) tra cipressi, ippocastani, querce, pini, qualche acero,
– molti cespugli di camelie e di rose nella parte alta e a lato di un lungo e suggestivo, specie in certi mesi, pergolato che è il lato a monte del giardino. Pergolato però chiuso al pubblico da qualche anno perché ritenuto pericoloso per potenziali cadute di ferri che lo compongono. Ma è ai margini del giardino e la sua chiusura non influenza minimamente la fruibilità del giardino
– non mancano i gatti
– 1 pista per pattinaggio dotata di elegante copertura in legno.
Oggi 12 ottobre la osservo (la pista) in quest’ultima visita di check al giardino prima di pubblicare l’articolo. Non si sa mai che il posto voglia raccontarmi ancora qualcosa. Me ne sto seduto su una delle panchine nel largo spiazzo di fronte alla pista di pattinaggio e dal vialetto sulla mia destra avanza una persona anziana spingendo una carrozzina da invalidi sulla quale una donna altrettanto anziana. Sicuramente una vita insieme, nella buona e ora nella cattiva sorte.
Si fermano al bordo della vuota – come quasi sempre – pista e la donna con fatica si alza e sorreggendosi alla ringhiera fa, passo dopo sofferto passo, il giro completo e di nuovo sulla carrozzina.
Con uno “strano” tempismo, al lento indietreggiare della carrozzina dall’ingresso pista, fa riscontro immediato il veloce entrare di 2 hoverboard (5) sui quali 2 abili ragazzini.
Sono arrivati con la loro giovane mamma che con il suo libro si siede qualche sgabello più in là e alla quale chiedo il permesso di scattare qualche foto ai ragazzi.
Il vecchio con la sua stanchezza e malattia. Il nuovo con le sue fresche e spensierate energie che si incontrano. Un buon giardino è anche questo.
Nota 1
I “gioielli” del Comune di Trieste ceduti ai privati – titolo del Piccolo 15 gennaio 2017.
Si legge anche “Una strada delineata dal voto all’unanimità espresso in commissione Lavori pubblici e Patrimonio e sposata con convinzione dalla giunta Dipiazza. Un esperimento interesserà intanto tre delle “perle” di proprietà municipale: Villa Cosulich in strada del Friuli, Villa Stavropulos in Costiera a Grignano e Villa Engelmann a Chiadino.
Vedi anche il Piccolo 13 gennaio 2010
Nota 2
“Io era tra color che son sospesi
e donna mi chiamò, beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi”
Dante, Inferno, Canto II
Nota 3
“per la contradizion che nol consente.
Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi:
Forse tu non pensavi ch’io loico fossi!”.
Dante, Inferno, XXVII
Nota 4
Era il 1964 quando il socialista Bruno Pincherle in Consiglio Comunale fece presente con forza che le volontà di Socrate Stavropulos morto 4 anni prima, erano rimaste senza alcun seguito. Il ricco collezionista d’arte (presso i Civici Musei di Storia dell’arte di Trieste c’è una cospicua collezione di quadri da lui donati) aveva lasciato la villa e relativo parco in dono al Comune affinché il posto divenisse luogo di “istruzione nelle arti figurative, onde sia data la possibilità di trovare raccoglimento, meditazione e studio»
E fosse altresì luogo dove «le attitudini artistiche dei singoli possano trovare giovamento nella compulsazione dei libri della biblioteca e ispirazione nella visione delle bellezze naturali del sito”
Erano i primi anni ‘60; dunque quasi 60 anni fa.
Nota 5
L’hoverboard è una specie di skateboard dove il movimento non è dato da un piede che spinge come sul monopattino bensì da una batteria. L’ hoverboard grazie ad un giroscopio si mantiene in equilibrio e un sistema elettronico traduce le diverse pressioni dei piedi come segnali per il movimento, la frenata, le curve.
Potrebbe essere utile come mezzo di spostamento in città, ma per ora – anche in assenza di norme precise che ne disciplinino l’utilizzo su strade e marciapiedi – è usato come gioco dai ragazzini. O di spostamento in zone chiuse come può essere un campeggio.